DISSESTO IDROGEOLOGICO, POMARICO E LE FRANE IN BASILICATA.
La frana del centro storico Pomarico (MT), del 29 gennaio 2019 che ha cancellato un intera strada è stato il caso più emblematico, ma la realtà dei fatti i pericoli che si temono frane e crolli sono in ogni angolo della Basilicata. Basti ricordare Montescaglioso e poi Stigliano, quasi con cadenza annuale altri in provincia di matera ed altri ancora nei piccoli centri potentino caratterizzati dalle tante altre frane nel corso degli anni, che hanno rimarcato la fragilità di tutto il territorio lucano. La principale causa risiede nella natura geologicamente giovane dell’ Italia caratterizzata da versanti acclivi, forti dislivelli e corsi d’acqua con un regime torrentizio soggetto a fenomeni di magra e di piena, a questi poi si aggiunge la mano dell’uomo. La mancanza di manutenzione dei versanti dopo l’abbandono di aree montane e la forte cementificazione con l’intensa urbanizzazione di aree fragili dal punto di vista idrogeologico e sismico oltre poi ai cambiamenti climatici che provocano abbondanti precipitazioni le cosi dette “bombe d’acqua, tutto questo ha aumentato in maniera esponenziale il rischio idrogeologico e sismico. Sicuramente, questi, uno dei problemi rilevanti della fragile Basilicata ma anche dell’intero meridione d’Italia, trascurato e venuto fuori solo quando questi “fenomeni” si manifestano causando danni, popolazione senzatetto e tante volte morti.
Un problema che deve essere preso in considerazione, per salvaguardare vite umane, ma anche il patrimonio di grande valore storico, artistico ed umano. E’ palese ormai che, nonostante si è cercato di fare prevenzione, con studi approfonditi sul patrimonio urbano, (questo però fino a venti anni fa), cui sono seguiti interventi programmatici grazie anche a strumenti di finanziamenti pubblici che hanno attuato una politica di salvaguardia efficace. Tale azione, non è bastata e negli anni è andata man mano scemando, fino ad avere effetti che si sono manifestati come a Pomarico. Un’azione che va sicuramente ripresa, perché opere di consolidamento del territorio realizzate negli anni 70 e sino agli anni 90, risentono del peso del tempo e dell’usura, sicchè è da attendersi a fenomeni di dissesto urbano. In un recente studio, (Agosto 2018), condotto dall’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), sul dissesto idrogeologico e di tali fenomeni si è calcolato che potenzialmente sono 33mila i lucani che vivono in 14mila edifici a rischio frane, situati in aree a pericolosità elevate e molto elevate. In termini percentuali, il 7,5% degli stabili e il 5,8% degli abitanti, tantissimi se si considera il numero degli abitanti lucani. All’indomani dei disastri è consuetudine tornare a ribadire le azioni che servirebbero ad eliminare del tutto o almeno per arginare il rischio in futuro. Le misure prioritarie, secondo l’Enea, in parte condivise da Legambiente riguardano: lo sviluppo di sistemi di monitoraggio dei dati meteo climatici; il sostegno economico a studi sulla pericolosità e sul rischio fatte dall’Autorità di Bacino (ora di Distretto), e contenuti nei Piani di assetto idrogeologico (PAI). A questi naturalmente la messa in sicurezza del territorio con interventi mirati, oltre all’opera di sensibilizzazione, di riconversione di aree montane e ad una delocalizzazione degli insediamenti a maggior rischio. Manutenzione straordinaria, una parola in disuso a riguardo che deve invece essere messa in campo con opere di bonifica, sistemazione idrauliche di ripristino dei fenomeni del dissesto del territorio dove operano consorzi con lavori di adeguamento e ristrutturazione di corsi d’acqua, manutenzione adeguamento della rete di bonifica, realizzazione di canali scolmatori soprattutto a difesa dove persistono centri abitati. Non fare solo la conta dei danni ma prevenirli in questo modo paradossalmente risparmiando da cinque a sette volte il denaro pubblico che si consuma quando questi fenomeni si verificano, un opportunità tangibile praticabile. C’è ancora tanto da fare e soprattutto da recuperare ma se si riusciranno ad unire in modo proficuo le competenze che non mancano a una visione concreta di pianificazione degli interventi potrebbero arrivare dei risultati in tempi certi.
REPORTAGE : LINO DE MARSICO